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Come interiorizzare le arti marziali – Imparare ad ascoltarsi

Andrea Boschi

Andrea Boschi

A seguito di una lezione con Guru Muda Max Morandini ho deciso di scrivere questo breve articolo nel Blog per condividere un aspetto molto profondo delle arti marziali, l’interiorizzazione dell’arte.

Fare propria un’arte marziale significa averla plasmata a noi stessi mantenendone le leggi ed i principi.

Ciò ci renderà in grado di assorbire una grande forza riducendola pari al nulla e ci permetterà di generare un enorme potenza partendo da un movimento di piccolissime dimensioni.

Per arrivare a simili risultati dobbiamo però affrontare la battaglia più importante che  ogni praticante deve affrontare quotidianamente, la battaglia con Noi Stessi.

Non mi riferisco solamente all’aspetto fisico dell’allenamento quale disciplinarsi ed allenarsi con costanza, ma faccio riferimento ad un aspetto molto più incisivo nella crescita del praticante, la Ricerca.

I Djuru e la Ricerca nel Pukulan Pentjak Silat Sera

La ricerca dei principi avviene nel caso del Pukulan Pentjak Silat Sera attraverso lo studio di 18 forme chiamate Djuru (Direzione). Mediante queste forme si apprendono prima di tutto le varie sfumature del nostro corpo, e si interiorizzano non solo i “movimenti” combattivi, ma bensì i principi del combattimento.

Lo studio dei Djuru si sviluppa in vari modi a seconda del livello di apprendimento. Prima fra tutti avviene la fase della memorizzazione dei movimenti che li compongono. A seguire vi saranno lo studio approfondito del Timing, della Struttura, della Generazione e dell’Assorbimento e dei principi cardine del combattimento. Si arriva poi ad un punto di stallo, un gradino molto alto da valicare. Si tratta dell’andare in profondità nei Djuru stessi, e portarli completamente dentro di noi. Una volta raggiunta questa fase si può parlare di veri marzialisti, Guru o Assistenti Guru che stanno seguendo la corretta via.

Durante la lezione mi confidai appunto con Guru Muda Max Morandini, sulla difficoltà da me riscontrata nell’affrontare e superare un giorno questa fase.

Dopo aver osservato i miei Djuru Mi disse:

“Nell’allenamento dei Djuru bisogna Sentire quello che non si ha, invece si tende sempre ad Allenare quello che si crede di avere.”

Per molti lettori, queste parole potranno sembrare prive di senso. Provo quindi a decifrarle per coloro che non siano esperti in materia.

Superate le fasi iniziali di apprendimento dei Djuru dove prima fase prevede che sia la mente ad allenare il corpo, ricordandoci i movimenti e mandando input al corpo di eseguirli, segue la fase di studio dove si trova che è il Corpo ad allenare la Mente.

Per noi occidentali questa parte è molto difficile, la nostra cultura non ci aiuta affatto, siamo abituati a pensare e poi agire e non ad ascoltarci. Siamo abituati ad inviare segnali al nostro corpo e non ad ascoltare i segnali che esso ci invia quotidianamente.

E’ proprio questo processo di “ascolto” delle sensazioni che provengono dal nostro corpo che ci permetterà di conoscerlo e implementarne le potenzialità.

Ascoltare ogni movimento, il peso degli arti, la connessione tra essi e il peso energetico sono tutti aspetti che se recepiti faranno la differenza tra un praticante ed un altro.

Ma quanto è difficile? Si, molto. Eseguire un pugno o una gomitata è facile. Ma ricercare non significa solamente esprimere il gesto ma ascoltare cosa accade nel farlo. Ascoltare che mentre un lato genera la forza, l’altro è atto ad assorbire. Ascoltare le connessioni che vi sono tra piedi, ginocchia, bacino, spalle e arti superiori. Questa fase di studio andrà a “riempire il vuoto presente nel nostro colpo”. Così facendo i nostri colpi diventeranno pesanti, potenti e molto rapidi (attenzione a non confondere rapidità con velocità).

Il mio cammino marziale è ancora molto lungo, ma la bellezza sta proprio nell’avanzare passo dopo passo e poi, un giorno futuro, voltarsi e rendersi conto di quanta strada si è percorsa.

Articolo scritto da:
Andrea Boschi
Allievo diretto di Guru Muda Max Morandini